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Citizenship of the Union and Freedom of Movement of Persons

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74656Citizenship of the Union and Freedom of Movement of Persons, sets out to analyse in detail the various provisions of Community law which confer upon individuals the right to move about, reside and work in the Member States. It also examines the procedural safeguards which set those fundamental rights apart from any deriving from other international bodies or organisations and point up the originality of the Community system. Citizenship of the Union entails freedom of movement under the current Treaties and also under the constitutional Treaty, in which the unified treatment of the rules, by contrast with the existing pillars of Community and European Union law, might be expected to confer new impetus on the realisation of the area of freedom, security and justice. If there is truly to be such an area, there must be unified, not merely coordinated action. Judicial cooperation must be tightened in favour of the Union and, more importantly, individuals, be they Community citizens or indeed nationals of third countries, given the increasing trend towards a kind of integration  which focuses less on formal data such as nationality and more on factors such as residence, employment and social integration.  The book pays particular attention to this last aspect and its political and legal implications. The “communitarisation” of immigration policy (the new Title IV of the EC Treaty mentioned above) and the perspectives opened up by the enlargement  to 27 Member States (and more) and by the constitutional Treaty, provide the framework for the treatment given in the present work.

CHAPTER I
Citizenship of the Union.

CHAPTER III
Freedom of Movement of Workers.

CHAPTER III
Right of Establishment.

CHAPTER  IV
Services.

CHAPTER V
Immigration Policy.




La professione forense nell’Unione Europea

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736984L’Opera prende in esame la professione di “avvocato”, così come disciplinata nelle norme dell’Unione europea e nella legislazione degli Stati membri. Scopo dell’indagine è individuare e comprendere gli orientamenti e le tendenze, le differenze e i tratti comuni, al fine sia di inquadrare in un contesto europeo, e comparato, i problemi che si pongono nel nostro ordinamento, sia di suggerire soluzioni in armonia con quegli orientamenti, nonché formulare proposte coerenti con gli obblighi imposti dal diritto dell’Unione europea. Viene esaminata, in primo luogo, la disciplina e la giurisprudenza della Corte di giustizia, quindi le legislazioni nazionali dei Paesi membri dell’Unione (il volume è aggiornato con la Direttiva Servizi: D. Lgs. n. 59/2010, in G.U. 23-4-2010, n. 94, S.O. n. 75), traendo, infine, alcune conclusioni sulle differenze e sui profili comuni della professione. Un’attenzione particolare viene dedicata ai profili riguardanti l’Italia, quale esempio di difficile realizzazione di una riforma delle professioni, dell’avvocatura in particolare, e della positiva incidenza, invece, delle norme dell’Unione europea sullo “svecchiamento” dell’esercizio di detta professione, con riguardo alla concorrenza, alla liberalizzazione delle tariffe, alla creazione di società fra avvocati.

CAPITOLO I
Professione forense e diritto dell’unione europea. Considerazioni introduttive.

CAPITOLO II
Le norme dell’Unione europea.

CAPITOLO III
Le norme dei paesi membri.

CAPITOLO IV
Un confronto fra le norme nazionali. Considerazioni conclusive.




Integrazione e mercato del lavoro: il modello proposto dal diritto comparato

[uncode_block id=”2742″ inside_column=”yes”]Il tema dell’integrazione degli immigrati costituisce oggi uno degli aspetti di maggiore rilevanza e attualità nel dibattito sulle politiche di immigrazione. La stessa definizione del concetto di integrazione appare, però, controversa tanto da assumere diverse connotazioni a seconda dell’ambito geografico o del contesto socio-culturale preso in esame. A ciò si aggiunga che il livello locale e nazionale è oggi solo uno degli ambiti nei quali si esplica il processo decisionale nella materia, in quanto a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam nel 1999, la definizione e l’attuazione delle politiche di immigrazione è diventata una competenza dell’Unione europea. Si tratta però di una competenza che non ha carattere esclusivo, ma deve essere esercitata in via ripartita con gli Stati membri, in modo da assicurarne l’attuazione in conformità alle reali esigenze e alle caratteristiche strutturali a livello nazionale.
Data la coesistenza di differenti livelli di intervento, l’analisi che sarà svolta nel prosieguo sarà intesa a delineare la struttura e gli obiettivi perseguiti dalle politiche di integrazione, tanto a livello europeo che nazionale, prendendo in esame alcuni paesi dell’UE. Nel quadro che si verrà delineando sarà rivolta una particolare attenzione all’ambito occupazionale, mettendo in luce eventuali strategie, previsioni normative e prassi innovative.
Nel 2005, la Commissione europea ha infatti definito nove orientamenti (1), che dovrebbero ispirare l’azione delle pubbliche autorità, sia a livello UE che nazionale: si tratta di un elenco indicativo e non esaustivo che demanda agli Stati membri di identificare le principali iniziative e le relative modalità d’attuazione, nel rispetto delle caratteristiche e delle tradizioni locali. Tali orientamenti riconoscono che “l’occupazione è una componente fondamentale del processo di integrazione ed è essenziale per la partecipazione degli immigrati, per il loro contributo alla società ospite e per la visibilità di tale contributo”. La sfera produttiva è, del resto, accanto alla scuola e alla famiglia, un contesto privilegiato di socializzazione: il mercato del lavoro è stato sempre considerato un luogo di incontro e confronto importante tra i nuovi arrivati e la società di accoglienza.
L’esigenza di rafforzare il nesso tra le politiche di immigrazione legale e le strategie di integrazione è stata peraltro a più riprese ribadita dalla Commissione europea, che ha sottolineato come l’integrazione degli immigrati nel mercato del lavoro resti una delle massime sfide per le politiche nazionali di immigrazione e ha spronato gli Stati membri, da un lato, ad assegnare all’integrazione degli immigrati sul mercato del lavoro un ruolo più esplicito all’interno delle politiche occupazionali e, dall’altro, a definire modalità per promuovere l’imprenditorialità degli immigrati, ritenuto strumento propulsivo della crescita economica.
Dal momento che il quadro UE è destinato a svolgere un “influenza sempre più significativa nel corso dei prossimi anni è importante identificare le linee guida lungo cui l’Unione europea sta articolando la propria strategia volta a favorire l’inclusione e l’integrazione sociale dei migranti. Si tratta, peraltro, di un momento particolarmente rilevante per l’analisi dell’azione comunitaria, poiché l’entrata in vigore il 1° dicembre 2009 del Trattato di Lisbona, che ha introdotto una competenza espressa in materia di integrazione, potrebbe contribuire a rinsaldare ulteriormente il ruolo di coordinamento esercitato dall’UE.
D’altro canto, poiché, come ricordato, il livello europeo e quello nazionale coesistono, l’analisi delle strategie di integrazione non può quindi prescindere dall’esame di alcuni casi nazionali. Emblematiche in tal senso appaiono le normative e le azioni intraprese in alcuni Stati membri: Belgio, Francia e Olanda. Tali paesi sono particolarmente interessanti come laboratori di analisi per diverse ragioni. Belgio, Francia e Olanda sono tutti paesi in cui il fenomeno immigrazione è ormai consolidato, e consentono quindi un “analisi in una prospettiva di lungo periodo, tenendo conto anche dei problemi riscontrabili nelle seconde e terze generazioni. Il Belgio è una realtà politica piuttosto frammentata, con una struttura amministrativa federale e profonde diversità tra l’area fiamminga e quella vallone, in cui gli interventi attuati a livello locale rivestono particolare interesse. In Olanda e Francia, il dibattito sul tema dell’integrazione ha invece assunto toni sempre più accesi, diventando oggetto di scontro politico, e ha comportato un irrigidimento della normativa sull’immigrazione, con l’obiettivo di assicurare un’integrazione effettiva.
Si tenterà, quindi, da un lato di ricostruire le linee guida e le prospettive dell’azione europea, soprattutto in quegli ambiti che maggiormente sono volti a favorire il coinvolgimento delle autorità locali e nazionali, e dall’altro lato di verificare se alla luce delle esperienze dei paesi selezionati sia possibile individuare alcune best practices o degli insegnamenti, cui possa ispirarsi l’azione del Comune di Milano.